La perquisizione del 18 marzo
Il 18 marzo 1978, soltanto due giorni dopo la brutale uccisione dei cinque uomini della scorta ed il rapimento del Presidente della DC Aldo Moro, una pattuglia della polizia si reca nella palazzina di via Gradoli 96 per una perquisizione dello stabile.
Il palazzo diventa famoso esattamente un mese dopo, il 18 aprile, quando i vigili del fuoco,durante un intervento per una perdita d'acqua, scoprono che l'appartamento al secondo piano è un covo delle Brigate Rosse.
Su quella prima perquisizione così "tempestiva" e senza esito si concentreranno molti interrogativi dell'opinione pubblica. A partire dal motivo che portò in così breve tempo alla perquisizione proprio di quello stabile e alla mancata perquisizione dell'appartamento brigatista trovato chiuso. A tali interrogativi è dedicata La prima perquisizione.
Di via Gradoli 96 si è parlato molto anche a seguito della testimonianza di un'inquilina dello stabile, Lucia Mokbel, che affermò di aver ascoltato, nelle notti precedenti la perquisizione della polizia, strani rumori identificati come segnali Morse. Anche questo argomento è stato trattato in Un ticchettio nella notte
La testimonianza di Lucia Mokbel è alla base, però, di un altro dei "fantasmi" che aleggiano sull'appartamento di via Gradoli. Mokbel, secondo le sue dichiarazioni, aveva riferito degli strani rumori ascoltati nella notte alla pattuglia di poliziotti presentatasi la mattina del 18 marzo per un controllo, scrivendo anche un biglietto da consegnare al commissario Elio Cioppa. Il presunto biglietto, però non arriverà mai al dott. Cioppa in quanto i polizioti negarono sempre di averlo ricevuto dalla Mokbel
La scomparsa del biglietto fu quindi catalogata trai misteri non risolti del "caso Moro" è l'ennesima prova che la storia di via Gradoli sia ancora tutta da scrivere.
Le dichiarazioni di Lucia Mokbel
La prima testimonianza Lucia Mokel la fa lo stesso 18 aprile, giorno il cui viene scoperta la base brigatista. Come tutti gli abitanti del palazzo viene interrogata ed afferma:
Desidero precisare che il mattino successivo sono venuti gli agenti in borghese. a controllare le abitazioni del palazzo. Ai quali. ho accennato che la notte stessa. avevo. appunto. sentito quanto sopra detto. Poi gli agenti sono andati via. CM1 Vol. 124 pag. 88
Come si vede nella prima dichiarazione resa solo un mese dopo l'incontro con gli agenti, la Mokbel non cita ne il biglietto, ne il destinatario: Elio Cioppa; si limita a dire genericamente di aver accennato la cosa alla pattuglia.
Una seconda testimonianza si ha un anno e mezzo dopo, il 23 novembre 1979 davanti al giudice Amato. La Mockbel cambia però il racconto:
Poiché ero rimasta sensibilizzata dagli strani rumori da me percepiti, mi alzai dal letto, indossai una vestaglia. Informai gli agenti di quello che avevo sentito. Uno degli argenti. scrisse anche su un foglio di carta le mie dichiarazioni che io sottoscrissi. CM1 vol. 43 pag. 695
In questa testimonianza appare il famoso biglietto ma ha compilarlo non è la Mokbel ma uno degli agenti. Inoltre malgrado si sia nel frattempo incontrata con Cioppa ed avesse appurato che il biglietto non gli fosse stato mai consegnato. Nel verbale non c'è traccia del destinatario.
Si arriva così all'udienza del primo processo Moro del 23 settembre 1982 e la Mokbel cambia ancora versione:
MACBEL(1)... Allora io dico: sono venuti, stupendo, così non perdo mezza giornata di lavoro e gli faccio portare un messaggio a loro. Allora mi sono vestita, sono andata lì, li ho fatti accomodare nel piccolo soggiorno che è interno e gli ho detto se cortesemente potevano portare questo messaggio...
PRESIDENTE. Lo ha scritto questo messaggio?
MACBEL. Scritto, firmato e portato
PRESIDENTE. I I brigadiere o il poliziotto che è venuto l'ha
letto?
MACBEL Si perché è stato lui ad aiutarmi a buttarlo giù, perché diceva che bisognava buttarlo in un determinato modo.
PRESIDENTE. L'ha indirizzato a chi?
MACBEL. Io avevo chiesto gentilmente se lo portavano in
questura al dottor Cioppa.
PRESIDENTE. E lei Io ha indirizzato al dottor Cioppa?
MACBEL. No, questo I 'ho detto a voce. CM1 Vol. 77 pag. 521
Finalmente compare il nome di Cioppa. Bisogna dire che seppur non apparendo in nessun documento ufficiale, il nome del commissario era già stato fatto. Infatti il presidente Santiapichi durante l'interrogatorio della Mockel afferma:
Anche Cioppa che è stato interrogato dice di non saperne nulla di questo.biglietto.(2) Ibid. pag.522
Nella stessa udienza il fidanzato della Mokbel, Gianni Diana, conferma, grosso modo, il racconto della ragazza ma la sua testimonianza è molto generica:
DIANA. Si, ricordo che voleva avvisare, appunto, questo suo
amico, dottor Elio Cioppa.
PRESIDENTE. Lo disse alla polizia? Che cosa disse alla polizia,
questa signorina?
DIANA. Disse che , appunto, voleva avvisare lui.
PRESIDENTE. Di che cosa?
DIANA. Che sentiva questi rumori strani.
PRESIDENTE. E che le dissero?
DIANA. Non ricordo.
PRESIDENTE. Ricorda se la signora consegno a qualcuno un appunto?
DIANA. Ricordo che lei si mise seduta e in un foglio scrisse
qualcosa; però non ricordo se l' abbia consegnato, o a chi I 'abbia consegnato.
PRESIDENTE. Si ricorda se disse che questo foglio doveva essere
consegnato al dottor Cioppa, o no?
DIANA. No, questo non Io ricordo.
CM1 vol.78 pag. 297
La versione del brigadiere
Domenico Merola, il capopattuglia presente in via Gradoli la mattina del 18 marzo, viene interrogato il 7 gennaio 1981 dai carabinieri e riguardo il colloquio con la Mocbel afferma:
Merola. Circa la segnalazione da parte degli inquilini dello stabile di via Gradoli n. 96 relativa a strani segnali, tipo alfabeto Morse, uditi una notte in quello stabile, escludo, in modo categorico, che mi sia stato riferito da chicchessia qualche cosa di simile. Escludo anche che la segnalazione possa essere stata fatta agli altri elementi della squadra che collaborava all’operazione, perché altrimenti mi avrebbero avvertito ». In CM2, Audizione di Elio Cioppa, 2/5/2017 pag. 12
Nell'udienza del processo Moro del 29/9/1985 Merola ripete la sua versione:
MEROLA.. Non ricordo fisicamente la signora Mocbel (...) io ci sono stato in quegli appartamenti, ma io non ho sentito da nessuna questo ticchettio morse. A me non è stato riferito nulla del genere.
PRESIDENTE. La signora dice che ha consegnato a voi un appunto scritto da consegnare al dottor Cioppa.
MEROLA. Assolutamente no. Assolutamente no.
CM1 vol. 77 pag. 534
Il confronto in aula.
Vista l'evidente differenza tra la testimonianza della Mokbel e quella di Merola il presidente Santiapichi passa al confronto tra i due testimoni:
PRESIDENTE. Venga, signora Mocbel. Signora, è questa persona che è venuta nel suo appartamento? A chi consegno questo appunto per il dottor Cioppa?
MOCBEL. A uno di quei signori che era qui
PRESIDENTE. Chi glielo scrisse? Lei ha detto che c'è stato uno
che l 'ha aiutata a scriverlo.
MOCBEL Quello che mi ha aiutata a scrivere non era evidentemente diciamo, di grado superiore; era di grado inferiore ogni tanto usciva e andava a chiedere delle informazioni. La persona, se ricordo bene, era un pò più magra.
MEROLA. Io sono venuto a casa sua, adesso me la ricordo. Lei era con un uomo, mi pare...
MOCBEL. Con Gianni .
MEROLA. Si, adesso me la ricordo.
MOCBEL. E io ho consegnato un foglio e ho scritto tutte queste
cose. CM1 Vol. 77 pag. 534
Il presidente Santiapichi decide di mettere a confronto la Mokbel con gli altri quattro componenti della pattuglia al fine di identificare colui che ha ricevuto il biglietto. Ognuno dei poliziotti però nega di aver sentito parlare dei segnali Morse e di aver ricevuto il biglietto. La testimonianza della Mokbel, nonostante il riconoscimento degli agenti, non fornisce indicazioni specifiche su chi avrebbe ricevuto il biglietto
MOCBEL' Io ho dato questo foglio a uno di loro. E' chiaro che sono passati degli anni e io non. li ricordo perfettamente. Posso semplicemente dire, dalla memoria, quello che ricordo di più è quello con cui ho parlato di più [ll brigadiere Merola ndr.]
PRESIDENTE Quindi lei non ci sa dire a chi I 'ha consegnato?
MOCBEL. Signor Presidente, le ho già detto prima che non posso ricordare. non posso dire un nome se non lo ricordo al cento per cento; non posso indicare una persona. Posso dire "mi sembra", ma non "posso". Qui stiamo parlando di qualcosa che io ho consegnato un foglio, che poi non è stato dato. Non posso incolpare una persona se non ne sono sicura*. CM1 vol. 77 pag. 585
Con il confronto in aula la vicenda del biglietto esce dal processo ed entra nelle mille inchieste sul "caso Moro".
Pressioni e milioni
Del biglietto fantasma, come spesso succede nella vicenda Moro , se ne torna a parlare venti anni dopo quando il Ros dei carabinieri acquisì la dichiarazione di Consiglio Pacilio un ispettore del Commissariato Flaminio Nuovo. Pacilio riferì di aver appreso dal suo collega Ferdinando Di Spirito, uno degli uomini della pattuglia, la veridicità del racconto della Mokbel. Secondo il suo racconto, la Mokbel, sarebbe stata, in un primo momento, malmenata tanto da essere ricoverata presso un ospedale di Roma. Poi le fu promessa una somma di denaro, forse 200 milioni, come ricompensa per non aver riconosciuto il poliziotto a cui avrebbe dato il biglietto. Va detto che il racconto di Pacilio non poté essere verificato in quanto Di Spirito nel frattempo era deceduto e il ROS accertò che nel periodo considerato non risultavano agli atti ricoveri della donna presso ospedali romani.
Nel 2021 della vicenda torna a parlare proprio Lucia Mokbel, e lo fa come testimone nel processo a Paolo Bellini imputato per la strage di Bologna.
La Mokbel viene ascoltata perché tra gli imputati c'è anche Domenico Catracchia, amministratore dello stabile di via Gradoli 96 all'epoca del rapimento Moro. Nella sua deposizione riguardo i segnali Morse e il biglietto fantasma non emergono nuovi particolari.
Sono invece interessanti alcune sue dichiarazioni relative ad eventuali pressioni esercitate per farle ritrattare la sua versione dei fatti.
Nell'udienza del 20 ottobre 2021 rispondendo alle domande degli avvocati di parte civile la Mokbel afferma che durante il processo Moro:
Mi fu richiesto da una persona che si presentò come poliziotto in borghese senza dare distintivo niente. Mi offri una somma di denaro. 30 milioni ... per come si dice, per dire che mi ero inventata tutto. Udienza del 20/10/2021, processo a Paolo Bellini (Strage Bologna 2/8/1980)
Riguardo le pressioni ha affermato:
Minacciata? No, però venivano a casa e creavano problemi a mamma mia.(...) mi chiamavano per testimoniare, mi tenevano dalla mattina fino alla sera, senza mangiare, senza bere. Ibid.
A precisa domanda relativa ad eventuali percosse subite ha risposto:
No, no no. non si permisero mai di mettermi le mani addosso, nessuno. Ibid.
Un mistero insoluto
Al termine di questa lunga disamina si può dire che una risposta precisa relativa alla consegna del biglietto fantasma non esiste.
Come abbiamo visto ci sono due versioni contrapposte ambedue non suffragate da prove oggettive.
Si possono, comunque in base agli atti, trarre alcune conclusioni.
Le dichiarazioni della Mokbel pur essendo tra loro in parte contraddittorie sono concordi su un fatto: la circostanza dei segnali Morse è stata riferita ai poliziotti. Quindi, anche tenendo conto che la testimone non aveva nessun interesse a raccontare qualcosa di non vero, crediamo che si possa affermare che uno o più poliziotti vennero a conoscenza di quanto indicato dalla Mokbel.
Più dubbi invece ci sono invece sul come la notizia fu trasmessa. Oralmente come dice nella prima deposizione, fatta appena un mese dopo il fatto ,o attraverso il bigliettino come affermato dalla 2° dichiarazione resa però dopo un anno e mezzo?
Anche sul destinatario del biglietto esistono delle perplessità. La Mokbel non nomina Cioppa non solo nella prima deposizione ma neanche nella seconda che avviene dopo aver appreso dell'eventuale mancata ricezione del biglietto da parte del commissario.
D'altra parte, per quanto sopra detto, da parte dei poliziotti c'è stata, come minimo, una sottovalutazione della notizia che in qualsiasi forma sia stata ricevuta andava segnalata ai propri superiori. Da notare inoltre che mentre la Mokbel non ha nessun motivo per dire cose non vere, nel caso dei militari, nel caso di smarrimento del biglietto, il negare la sua esistenza servirebbe a coprire una grave negligenza.
Riguardo l'ipotesi che il biglietto sia stato fatto sparire volontariamente, in merito non esiste nessun riscontro oggettivo.
Bisogna infine ricordare, come ampiamente trattato in Un ticchettio nella notte che i segnali Morse, secondo quanto affermato dalla Mokbel avverrebbero indirizzato le forze dell'ordine esattamente dalla parte opposta del palazzo rispetto alla base brigatista.
Note:
(1): Nel verbale dell’udienza è riportata erroneamente come Lucia Macbel
(2) Elio Cioppa nel 1978 era commissario della squadra mobile di Roma. Aveva conosciuto la Mokbel tramite amici comuni, Cioppa risultò tra gli iscritti alla loggia P2. Non fu mai interrogato nell'ambito dei processi Moro. Fu però ascoltato dalla Commissione di inchiesta parlamentare sulla Loggia P2 e dalla 2° Commissione Moro